martedì 15 maggio 2012

Virginia Woolf e Rachel Vinrace allo specchio



Rachel Vinrace è la protagonista di “The Voyage Out”, il primo romanzo di Virginia Woolf, romanziera, saggista e fervente femminista del 20° secolo. Una nave da crociera e un hotel di lusso nella giungla del Sud America sono lo sfondo per le vicende umane e sentimentali di Rachel, giovane appartenente alla borghesia inglese, in viaggio con gli zii, Mr. e Mrs. Ambrose. Rachel si imbarca per l’America sulla nave di suo padre e il viaggio assume ben presto le sembianze di un cammino di formazione e maturazione personale. 
Il primo cruciale incontro è quello con Mr. e Mrs. Dalloway. La coppia, inconsapevolmente, comincia a plasmare la personalità emozionale e politica della ragazza: Mrs. Dalloway le apre la mente per quanto concerne l’indipendenza della donna all’interno del matrimonio; Mr. Dalloway, invece, la rende consapevole della sua ignoranza in materia di politica, libri, società, amore e matrimonio. È proprio attorno questi temi che ruota lo sviluppo del romanzo; Rachel, grazie ai successivi incontri, scoprirà poco a poco la realtà che la circonda e giungerà alla piena maturazione.
Scoprirà che niente è ciò che sembra, meglio, quello che la società vuol farle credere: nessuno può imporre la propria visione del mondo nella sua mente libera e determinata. In questo modo, Rachel acquisterà sempre più i modi di agire e i tratti più marcati della moderna indipendenza.  A questo punto, Rachel è di fronte a una scelta fondamentale: accettare il matrimonio e i valori della società borghese cui appartiene, oppure restare libera e rifiutare ogni aspetto delle istituzioni preconfezionate. La protagonista fa la sua scelta: decide di sposarsi con l’uomo che ritiene capace di darle sicurezza, amore e libertà.
Il lieto fine parrebbe scontato poiché tutti i personaggi del romanzo hanno fatto le loro scelte e posseggono i mezzi e le capacità per concretizzarle. Il destino ineluttabile, però, interviene per dare una svolta alla vicenda: Rachel contrae una malattia tropicale e, nel giro di pochi giorni, muore.  Gli zii, il futuro marito e gli amici si trovano disorientati di fronte a ciò che appare come una tragedia senza un motivo apparente. La ragione per questa morte, tuttavia, sussiste e va probabilmente ricercata nella trama stessa del romanzo. Fino alla conclusione noi lettori non sappiamo cosa aspettarci: Rachel morirà o tutto si concluderà per il meglio? E, sulla scena della morte, una domanda sorge spontanea: perché Rachel non può sopravvivere?

        Il finale è definito “lieto” quando tutti i personaggi raggiungono i loro obiettivi e la società si fonde in un’invidiabile armonia. Questo genere di situazione fa però sorgere un dubbio: può effettivamente una coppia essere “per sempre felice e contenta”? Nel mondo delle fiabe potrebbe essere una condizione facilmente attuabile, ma Rachel e le donne sue contemporanee vivono in un mondo fin troppo reale. Rachel deve morire perché il lieto fine non può esistere nel mondo reale; la tragicità della vicenda ritengo però non si debba identificare come la fine di ogni cosa, ma come la nascita di nuove consapevolezze.
I dubbi che in ogni caso permangono alla conclusione del romanzo sono appunto i dubbi che Virginia Woolf voleva instillare nelle sue lettrici: se le donne lottassero, potrebbero raggiungere la loro libertà? Non dimentichiamoci, a questo proposito, che Rachel, morendo, rinuncia alla forma tradizionale di lotta per l’emancipazione.
“La commedia procede di solito verso un lieto fine” (Frye), atteso dal pubblico Questa aspettativa per un finale felice che il pubblico pretende veder realizzata  fa sì che l’autore forzi il finale verso una realizzazione positiva: i lieti fine così, non paiono reali, ma semplicemente desiderabili e “sono spesso il frutto di un artificio” (Frye). In questo contesto sembra che l’autore forzi il lieto fine e voglia far prevalere a tutti i costi la visione idilliaca che i lettori si attendono a scapito, talvolta, della coerenza letteraria.
Nel romanzo che si sta analizzando, il lieto fine, come abbiamo visto, non esiste: la scrittrice non si inventa alcun artificio pur di soddisfare le aspettative del lettore. Rachel e Terence vogliono farsi portatori di una moderna alternativa al matrimonio, considerato forma arcaica e superata di un potere prestabilito. Rachel considera la sua condizione di donna nel mondo: il matrimonio tradizionale involve una discendenza ed è proprio su questo punto che l’attenzione andrebbe concentrata; Rachel non vuole una discendenza in un mondo dove le donne rimangono oppresse dal giogo maschile e gli uomini schiacciati dal parere dei padri e della società: “we should live separate; we cannot understand each other; we only bring out what's worst” (Woolf 98). La protagonista ha paura che suo figlio possa trovarsi rinchiuso in una gabbia senza via d’uscita, condannato ad espiare le colpe dei padri, esattamente come la generazione di Rachel e Terence: “I won't have eleven children," she asserted; "I won't have the eyes of an old woman (…)” (Woolf 184).
La morte di Rachel potrebbe quindi rappresentare la sua volontà di cambiamento, reputata irrealizzabile; la ragazza però non è debole perchè si rende conto che l’epoca e il contesto culturale, ancora influenzati dall’ epoca vittoriana, non sono il clima adatto perché cambiamenti epocali possano aver luogo.  
Rachel infine muore anche per Terence  che, essendo uomo, non è pronto al sacrificio totale e preferisce trovare un compromesso con il mondo; nel suo grido liberatorio finale (“Rachel! Rachel!” (Woolf 219) troviamo tutta la sua rabbia verso la morte così brutta e inaspettata. Al contempo, però, siamo consapevoli che la rabbia quale sentimento estremo, lascia ben presto il spesso alla rassegnazione. 

       Terence, nonostante le apparenze è comunque un portatore dei valori maschilisti della società a cui appartiene. Nonostante la sua affermazione che Rachel dopo il matrimonio “will be free” (“You’re free and I’d keep you free. We’d be free together. No happiness would be like ours”  He opened his arms wide as if to hold her and the world in one embrace.”), dichiara anche: “I believe we [men] have the sort of power over you that we are said to have over horses” e “Answering notes is a feminine duty”. Probabilmente vorrebbe essere diverso ma l’influsso della società è ancora forte su di lui. Per questo motivo sappiamo fin da subito che la completa serenità non potrà mai esistere – l’artificio della felicità non può essere compiuto nella vita reale.
Possiamo azzardarci ad affermare che la morte di Rachel rappresenti una fuga?  La società rimane intatta nel suo profondo essere perché tutti i personaggi del romanzo continuano le loro “normali” e abitudinarie occupazioni.
La causa della morte di Rachel potrebbe risiedere nelle sue aspettative, forse troppo fiduciose, che qualcosa possa effettivamente cambiare: nella sua delusione si può trovare la ragione della sua morte.
Il desiderio di matrimonio è sempre presente nella donna, una possibile ritrosia va ricercata nei personaggi maschili. Contrariamente, in The Voyage Out, è nel personaggio di Rachel che troviamo un ripensamento; Terence non si pone troppe domande e dà quasi per scontata la loro unione. In questa sua immaturità troviamo la persistenza di una tradizione arcaica nel modo di concepire l’unione di tra due persone:  l’idea che due giovani arriveranno ad amarsi col tempo è insita in Terence. Rachel, al contrario, vuole essere sicura che il matrimonio non impedisca la sua libertà, sia un’unione felice e serena per entrambi fin da principio.   
Rachel sa di non poter sfuggire alle sue azioni e sa che deve pesare ogni suo passo: non può permettersi azioni avventate che possano compromettere la sua stabilità. Anche per questo motivo decide ad un certo punto che sposare Terence non sia più una buona idea; forse non ha ancora avuto sufficiente tempo a disposizione per soppesare l’importanza di tale decisione. Infatti, tutti e due hanno paura che in breve tempo si possano ridurre come la coppia di amici del giovane (“The end of it is, you see, Hugh went back to his wife, poor fellow. It was his duty, as a married man. Lord, Rachel," he concluded, "will it be like that when we're married?") La noia e la routine potrebbero generare situazioni con sviluppi imprevedibili. Di conseguenza, potrebbe la morte di Rachel essere attribuibile alla sua consapevolezza ma anche il rifiuto di far parte del mondo reale e della società? La nostra protagonista è di fatto insofferente verso le imposizioni sociali, quantunque da un lato le assecondi.  
       Da un lato, Rachel potrebbe ricordare la famosa eroina dello scrittore francese Gustave Flaubert, Mme. Bovary, che sogna di vivere in un altro mondo, quello edulcorato dei suoi sogni. Anche Rachel è insoddisfatta nei confronti del mondo che la circonda ma, al contrario di Emma, lei non fantastica di appartenere ad un altro strato sociale. La protagonista di “The Voyage Out” vuole, infatti, essere libera; non vuole scegliere una gabbia dorata, vuole semplicemente scappare dal giogo che la opprime: la sua ambizione non è fuggire in una diversa sorta di prigione: “Her mind wandered away from Nora, but she went on thinking of things that the book suggested to her, of women and life. (Woolf 76) e “"I feel like a fish at the bottom of the sea." (Woolf 106).
Pertanto, Rachel Vinrace potrebbe morire perché non riesce ad essere libera? Eppure, non è una peculiarità della donna moderna la tendenza alla lotta? Se Rachel volesse essere una donna moderna come afferma, dovrebbe, di conseguenza, lottare, non essere una vittima delle circostanze.

Rachel muore – deve morire – perché Virginia Woolf non può offrire al lettore l’illusione che la felicità interiore e l’armonia con il mondo possa essere raggiunta grazie al caso o per una fortunata serie di eventi: deve morire per dimostrare che ognuno deve lottare per i valori in cui crede. E la lotta non è semplice.
Nella morte della ragazza vediamo l’impossibilità di conciliare i desideri e i sogni di una nuova generazione che si vuole distaccare da un mondo che non riconosce ma a cui, allo stesso tempo, appartiene.
Rachel deve morire perché il lieto fine non può esistere nel mondo reale in cui vive.

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