Rachel Vinrace è la protagonista di “The Voyage
Out”, il primo romanzo di Virginia Woolf, romanziera, saggista e fervente
femminista del 20° secolo. Una nave da crociera e un hotel di lusso nella
giungla del Sud America sono lo sfondo per le vicende umane e sentimentali di
Rachel, giovane appartenente alla borghesia inglese, in viaggio con gli zii,
Mr. e Mrs. Ambrose. Rachel si imbarca per l’America sulla nave di suo padre e
il viaggio assume ben presto le sembianze di un cammino di formazione e
maturazione personale.
Il
primo cruciale incontro è quello con Mr. e Mrs. Dalloway. La coppia,
inconsapevolmente, comincia a plasmare la personalità emozionale e politica
della ragazza: Mrs. Dalloway le apre la mente per quanto concerne
l’indipendenza della donna all’interno del matrimonio; Mr. Dalloway, invece, la
rende consapevole della sua ignoranza in materia di politica, libri, società,
amore e matrimonio. È proprio attorno questi temi che ruota lo sviluppo del
romanzo; Rachel, grazie ai successivi incontri, scoprirà poco a poco la realtà
che la circonda e giungerà alla piena maturazione.
Scoprirà
che niente è ciò che sembra, meglio, quello che la società vuol farle credere:
nessuno può imporre la propria visione del mondo nella sua mente libera e
determinata. In questo modo, Rachel acquisterà sempre più i modi di agire e i
tratti più marcati della moderna indipendenza.
A questo punto, Rachel è di fronte a una scelta fondamentale: accettare
il matrimonio e i valori della società borghese cui appartiene, oppure restare
libera e rifiutare ogni aspetto delle istituzioni preconfezionate. La
protagonista fa la sua scelta: decide di sposarsi con l’uomo che ritiene capace
di darle sicurezza, amore e libertà.
Il
lieto fine parrebbe scontato poiché tutti i personaggi del romanzo hanno fatto
le loro scelte e posseggono i mezzi e le capacità per concretizzarle. Il
destino ineluttabile, però, interviene per dare una svolta alla vicenda: Rachel
contrae una malattia tropicale e, nel giro di pochi giorni, muore. Gli zii, il futuro marito e gli amici si
trovano disorientati di fronte a ciò che appare come una tragedia senza un
motivo apparente. La ragione per questa morte, tuttavia, sussiste e va
probabilmente ricercata nella trama stessa del romanzo. Fino alla conclusione
noi lettori non sappiamo cosa aspettarci: Rachel morirà o tutto si concluderà
per il meglio? E, sulla scena della morte, una domanda sorge spontanea: perché
Rachel non può sopravvivere?
Il
finale è definito “lieto” quando tutti i personaggi raggiungono i loro obiettivi
e la società si fonde in un’invidiabile armonia. Questo genere di situazione fa
però sorgere un dubbio: può effettivamente una coppia essere “per sempre felice
e contenta”? Nel mondo delle fiabe potrebbe essere una condizione facilmente
attuabile, ma Rachel e le donne sue contemporanee vivono in un mondo fin troppo
reale. Rachel deve morire perché il lieto fine non può esistere nel mondo
reale; la tragicità della vicenda ritengo però non si debba identificare come
la fine di ogni cosa, ma come la nascita di nuove consapevolezze.
I
dubbi che in ogni caso permangono alla conclusione del romanzo sono appunto i
dubbi che Virginia Woolf voleva instillare nelle sue lettrici: se le donne
lottassero, potrebbero raggiungere la loro libertà? Non dimentichiamoci, a
questo proposito, che Rachel, morendo, rinuncia alla forma tradizionale di
lotta per l’emancipazione.
“La
commedia procede di solito verso un lieto fine” (Frye), atteso dal pubblico
Questa aspettativa per un finale felice che il pubblico pretende veder
realizzata fa sì che l’autore forzi il
finale verso una realizzazione positiva: i lieti fine così, non paiono reali,
ma semplicemente desiderabili e “sono spesso il frutto di un artificio” (Frye).
In questo contesto sembra che l’autore forzi il lieto fine e voglia far
prevalere a tutti i costi la visione idilliaca che i lettori si attendono a
scapito, talvolta, della coerenza letteraria.
Nel
romanzo che si sta analizzando, il lieto fine, come abbiamo visto, non esiste: la scrittrice non si inventa alcun artificio
pur di soddisfare le aspettative del lettore. Rachel e Terence vogliono farsi
portatori di una moderna alternativa al matrimonio, considerato forma arcaica e
superata di un potere prestabilito. Rachel
considera la sua condizione di donna nel mondo: il matrimonio
tradizionale involve una discendenza ed è proprio su questo punto che
l’attenzione andrebbe concentrata; Rachel non vuole una discendenza in un mondo
dove le donne rimangono oppresse dal giogo maschile e gli uomini schiacciati
dal parere dei padri e della società: “we should live separate; we cannot
understand each other; we only bring out what's worst” (Woolf 98). La
protagonista ha paura che suo figlio possa trovarsi rinchiuso in una gabbia
senza via d’uscita, condannato ad espiare le colpe dei padri, esattamente come
la generazione di Rachel e Terence: “I won't have eleven children," she
asserted; "I won't have the eyes of an old woman (…)” (Woolf 184).
La
morte di Rachel potrebbe quindi rappresentare la sua volontà di cambiamento,
reputata irrealizzabile; la ragazza però non è debole perchè si rende conto che l’epoca e il contesto
culturale, ancora influenzati dall’ epoca vittoriana, non sono il clima adatto
perché cambiamenti epocali possano aver luogo.
Rachel
infine muore anche per Terence che,
essendo uomo, non è pronto al sacrificio totale e preferisce trovare un
compromesso con il mondo; nel suo grido liberatorio finale (“Rachel! Rachel!”
(Woolf 219) troviamo tutta la sua rabbia verso la morte così brutta e
inaspettata. Al contempo, però, siamo consapevoli che la rabbia quale
sentimento estremo, lascia ben presto il spesso alla rassegnazione.
Terence, nonostante le apparenze è
comunque un portatore dei valori maschilisti della società a cui appartiene. Nonostante la
sua affermazione che Rachel dopo il matrimonio “will be free” (“You’re free and
I’d keep you free. We’d be free
together. No happiness would be like ours”
He opened his arms wide as if to hold her and the world in one embrace.”),
dichiara anche: “I believe we [men] have the sort of power over you that we are
said to have over horses” e “Answering notes is a feminine duty”. Probabilmente
vorrebbe essere diverso ma l’influsso della società è ancora forte su di lui.
Per questo motivo sappiamo fin da subito che la completa serenità non potrà mai
esistere – l’artificio della felicità non può essere compiuto nella vita reale.
Possiamo
azzardarci ad affermare che la morte di Rachel rappresenti una fuga? La società rimane intatta nel suo profondo
essere perché tutti i personaggi del romanzo continuano le loro “normali” e
abitudinarie occupazioni.
La
causa della morte di Rachel potrebbe risiedere nelle sue aspettative, forse
troppo fiduciose, che qualcosa possa effettivamente cambiare: nella sua
delusione si può trovare la ragione della sua morte.
Il desiderio di matrimonio è sempre presente nella
donna, una possibile ritrosia va ricercata nei personaggi maschili.
Contrariamente, in The Voyage Out, è nel personaggio di Rachel che troviamo un
ripensamento; Terence non si pone troppe domande e dà quasi per scontata la
loro unione. In questa sua immaturità troviamo la persistenza di una tradizione
arcaica nel modo di concepire l’unione di tra due persone: l’idea che due giovani arriveranno ad amarsi
col tempo è insita in Terence. Rachel, al
contrario, vuole essere sicura che il matrimonio non impedisca la sua libertà,
sia un’unione felice e serena per entrambi fin da principio.
Rachel sa di non
poter sfuggire alle sue azioni e sa che deve pesare ogni suo passo: non può
permettersi azioni avventate che possano compromettere la sua stabilità. Anche
per questo motivo decide ad un certo punto che sposare Terence non sia più una
buona idea; forse non ha ancora avuto sufficiente tempo a disposizione per
soppesare l’importanza di tale decisione. Infatti, tutti e due hanno paura che
in breve tempo si possano ridurre come la coppia di amici del giovane (“The end of it is, you see, Hugh went back to his
wife, poor fellow. It was his duty, as a married man. Lord, Rachel,"
he concluded, "will it be like that when we're married?") La noia e la routine
potrebbero generare situazioni con sviluppi imprevedibili. Di conseguenza,
potrebbe la morte di Rachel essere attribuibile alla sua consapevolezza ma
anche il rifiuto di far parte del mondo reale e della società? La nostra
protagonista è di fatto insofferente verso le imposizioni sociali, quantunque
da un lato le assecondi.
Da un lato,
Rachel potrebbe ricordare la famosa eroina dello scrittore francese Gustave
Flaubert, Mme. Bovary, che sogna di vivere in un altro mondo, quello edulcorato
dei suoi sogni. Anche Rachel è insoddisfatta nei confronti del
mondo che la circonda ma, al contrario di Emma, lei non fantastica di
appartenere ad un altro strato sociale. La protagonista di “The Voyage Out” vuole,
infatti, essere libera; non vuole scegliere una gabbia dorata, vuole
semplicemente scappare dal giogo che la opprime: la sua ambizione non è fuggire
in una diversa sorta di prigione: “Her
mind wandered away from Nora, but she went on thinking of things that the book
suggested to her, of women and life. (Woolf 76) e “"I feel like a fish at the
bottom of the sea." (Woolf 106).
Pertanto, Rachel
Vinrace potrebbe morire perché non riesce ad essere libera? Eppure, non è una
peculiarità della donna moderna la tendenza alla lotta? Se Rachel volesse
essere una donna moderna come afferma, dovrebbe, di conseguenza, lottare, non
essere una vittima delle circostanze.
Rachel
muore – deve morire – perché Virginia Woolf non può offrire al lettore
l’illusione che la felicità interiore e l’armonia con il mondo possa essere
raggiunta grazie al caso o per una fortunata serie di eventi: deve morire per
dimostrare che ognuno deve lottare per i valori in cui crede. E la lotta non è
semplice.
Nella
morte della ragazza vediamo l’impossibilità di conciliare i desideri e i sogni
di una nuova generazione che si vuole distaccare da un mondo che non riconosce
ma a cui, allo stesso tempo, appartiene.
Rachel
deve morire perché il lieto fine non può esistere nel mondo reale in cui vive.

Nessun commento:
Posta un commento